Cinema, i vincitori della XVI edizione del Festival del Film Cattolico “Mirabile Dictu”
Pesce d’argento al film uzbeko “Aydinlar”, al documentario italiano “I Hope for Heaven” e al cortometraggio ungherese “Anniversary”.
Miglior regista il brasiliano Alexandre Machafer per “Jorge da Capadócia”.
Premio per l’evangelizzazione al produttore austriaco Norbert Blecha
Mentone, 13 febbraio 2025 – Si conclude oggi al Palais des Ambassadeurs di Menton (Costa Azzurra – Francia), la XVI edizione dell’International Catholic Film Festival “Mirabile Dictu” (https://www.mirabiledictu-icff.com/). Nell’Anno del Giubileo della Speranza, il Festival ha avuto come filo conduttore di tutte le opere finaliste il tema della Speranza e della Redenzione.
Il Premio per il miglior Film è andato a“Aydinlar” di Muzaffarkhon Erkinov e Muzaffar Karabayev (Uzbekistan); miglior RegistaAlexandre Machafer per “Jorge da Capadócia” (Brasile); miglior Cortometraggio“Anniversary” di Kristóf Szalay (Ungheria); miglior Documentario“I Hope for Heaven” di Daniele Pignatelli (Italia).
Il Premio della Capax Dei Foundation per l’evangelizzazione è stato assegnato al documentario “The Jews of Lackenbach” del produttore austriaco Norbert Blecha.
Ai vincitori decretati dalla Giuria internazionale – presieduta dalla principessa e attrice Maria Pia Ruspoli (Italia), e composta e composta dall’attore Rupert Wynne-James, dal giornalista Luca Caruso, dal produttore Geoffrey d’Adhémar e dallo sceneggiatore Elliott Harper – viene conferito il Pesce d’Argento, ispirato al primo simbolo cristiano. La statuetta assegnata ai vincitori da quest’anno si rinnova e viene realizzato dall’artista americana Kim Boulukos.
3.284 le opere candidate quest’anno, da cui sono stati selezionati i film finalisti, che provenivano da dieci Paesi diversi: Brasile, Bulgaria, Croazia, Filippine, Iran, Italia, Stati Uniti, Uganda, Ungheria, Uzbekistan.
Ideato nel 2010 dalla regista e produttrice Liana Marabini per dare spazio ai produttori e ai registi di film, documentari, docu-fiction, serie tv, cortometraggi e programmi che promuovono valori morali universali e modelli positivi, il Festival è nato sotto l’Alto Patronato del Pontificio Consiglio per la Cultura, oggi Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
La presidente del Festival, Liana Marabini, ha ringraziato la giuria e i numerosi produttori che da ogni parte del mondo hanno candidato le loro opere. “Per la prima volta nella sua storia, il Festival si è svolto all’estero. La location è il Museo Marabini-Martac, situato in un palazzo storico Belle Epoque disegnato da Gustave Eiffel. ui si svolgono già da anni altre iniziative culturali di evangelizzazione: La Biennale d’Arte Contemporanea Sacra e il Salone del Libro Spirituale. Ma l’anno prossimo il Festival ritorna nelle strutture vaticane. Sono grata a tutti coloro che hanno reso possibile anno dopo anno questa manifestazione dedicata alla cultura ed alla fede, in primis il Dicastero per l’Educazione e la Cultura e il cardinale Gianfranco Ravasi che fin dall’inizio (correva l’anno 2010) ha creduto in noi. Un grande “grazie” anche al cardinale Tolentino, che continua la tradizione di patrocinare il Festival”.
Miglior Cortometraggio
“Anniversary” di Kristóf Szalay (Ungheria)
In una atmosfera casalinga assai dimessa, questo corto propone una brevissima e scioccante vicenda che fa riflettere sulle sofferenze patite dai parenti delle vittime di attentati terroristici.
Gli altri cortometraggi finalisti erano: “Ninò” di Michele Li Volsi (Italia) e “The Saraban” di Hamed Nobari (Iran).
Miglior Documentario
“I Hope for Heaven” di Daniele Pignatelli (Italia)
Nel carcere di massima sicurezza di Opera (Milano), tre detenuti responsabili di omicidi – Ciro, Giuseppe e Cristiano – realizzano artigianalmente, con le loro mani un tempo macchiate di sangue, ostie che vengono consacrate nelle chiese di tutto il mondo, diventando così il corpo di Cristo. Il loro sogno è consegnarle personalmente a Papa Francesco, al quale scrivono una lettera.
Gli altri documentari finalisti erano: “Dia de Romaria” di Lívia Rojas (Brasile), e “The Dying of the Light” di Ivan Perić e Álvaro Congosto (Croazia).
Miglior Film
“Aydinlar” di Muzaffarkhon Erkinov e Muzaffar Karabayev (Uzbekistan)
Ambientato nella regione del Lago d’Aral, racconta la storia di Seyit, che vive a Muynak, città in rovina a causa del prosciugamento del Lago. Seyit cresce insieme al nonno Nurpeis, che gli racconta storie sul mare. A causa della mancanza di lavoro, Seyit sarà costretto a lasciare Muynak per cambiare il suo destino. A spingerlo è soprattutto la decisione della sua amata Kizlargul di sposare il benestante Maman. Seyit lavorerà come capitano di nave in Egitto. Sei anni dopo, quando riceve il messaggio della morte del nonno, torna nella sua città natale, trovandola profondamente trasformata.
Gli altri film finalisti erano: “The End of the River” di Vasil Stepanov Barkov (Bulgaria), e “Cries from the Cotton Fields” di Larry Foley ed Ed Eaves (USA).
Miglior Regista
Alexandre Machafer per “Jorge da Capadócia” (Brasile)
La storia è ambientata nel 303 d.C., dopo che Giorgio ha vinto un’altra grande battaglia ed è stato promosso comandante dell’esercito romano. L’imperatore Diocleziano inizia la sua ultima grande persecuzione contro i cristiani nell’Impero romano, imponendo decreti crudeli per vincere la resistenza di chi non si arrende a venerare gli dei. Giorgio affronta la sua sfida più grande: rimanere fedele alla sua fede e alle sue convinzioni, o soccombere agli ordini di Diocleziano.
Gli altri registi finalisti erano: Nisha Kalema per “Makula” (Uganda), e José Lorenzo Diokno per “Gomburza” (Filippine).
Premio della Capax Dei Foundation per l’evangelizzazione a “The Jews of Lackenbach” di Norbert Blecha
Si tratta di un documentario che racconta la commovente storia di una comunità un tempo fiorente, prima che i suoi abitanti ebrei fossero costretti a fuggire a causa della persecuzione nazionalsocialista. Il documentario indaga l’esperienza di quanti riuscirono a fuggire dall’Austria e di coloro che morirono nell’Olocausto. Al centro della storia c’è la memoria collettiva di quella che un tempo era la più grande comunità ebraica del Burgenland: come ricordano Lackenbach i discendenti degli ebrei allora residenti? E come hanno reagito gli odierni abitanti di Lackenbach a questa storia? Basato sulle storie avventurose dei tre protagonisti, il film delinea il luogo di desiderio che la città rappresenta oggi per i discendenti degli ebrei di allora.